giovedì 17 dicembre 2009

Indie Occidentali

recensione pubblicata in:
Patria indipendente (n. 4, Maggio 2009)
Arcipelago (n.44, Luglio-Agosto 2009)
Literary.it  (n.5, 2009)
LibereRecensioni.blogspot.com (Luglio 2009)


Giancarlo Micheli, Indie Occidentali, prefazione di Manlio Cancogni, Campanotto editore, 2008, Pasian di Prato, (Ud), pp. 220, Euro 15,00


Di una storia di emigrazione, la formidabile epopea che ha coinvolto per circa un secolo oltre venti milioni di nostri connazionali, tratta Indie occidentali, il secondo romanzo dello scrittore viareggino Giancarlo Micheli. Protagonisti Aurelio ed Erminia, una giovane coppia di sposi: provengono dalla civile Toscana, e non appartengono alla vasta schiera dei disperati che, a frotte, in cerca di fortuna approdano nell’isoletta di Ellis Island di fronte a New York. Sono alfabetizzati e in possesso di risorse esigue, ma sufficienti, per intraprendere nella metropoli statunitense una modesta attività in proprio, la conduzione di un piccolo bar nel quartiere di Little Italy. In più godono della protezione del Sor Clemente un’ambigua figura di ‘faccendiere’, potente intermediario tra le masse brulicanti dei senza lavoro e senza diritti provenienti da tutte le regioni d’Italia e gli interessi di un capitalismo rapace e selvaggio. E anche Aurelio ed Erminia, da una condizione sociale minimamente favorita, si troveranno in poco tempo a precipitare tra asprezze della lotta per l’esistenza. Una vera e propria ‘discesa agli Inferi’, che, se li porterà a conoscere sulla propria pelle la disumanità della condizione operaia, prima negli stockyards (recinti per il bestiame) di Chicago e poi nelle fabbriche tessili del New Jersey, permetterà loro di conquistare coscienza di sé e delle necessità dell’agire collettivo per affermare imprescindibili valori di umanità e solidarietà. Una vicenda, quella di Aurelio ed Erminia, che inizia a New York nei giorni della prima pucciniana della Fanciulla del west - è il 10 dicembre 1910 - e sempre a New York trova la sua tragica conclusione.. Sì, perché finisce amaramente l’avventura dei due sposi di Ponte a Moriano nelle nuove Indie Occidentali: termina, però, trionfalmente per la comunità proletaria di Paterson, di cui, ormai, i due fanno organicamente parte. Perché addirittura nel Madison Square Garden della metropoli statunitense, nel pieno di una durissima vertenza sindacale contro i padroni del tessile e i sindacati compromessi e rinunciatari, gli operai di Paterson riescono a portare in scena e a gridare, forti e chiare, le proprie ragioni di giustizia sociale.
Nelle sue pagine, Giancarlo Micheli, sotto la forma del romanzo, ci spiega di “che lagrime grondi e di che sangue” la società che si andava forgiando oltre Atlantico nei primi anni del secolo scorso. E lo fa alla sua maniera, personalissima. Facendo parlare uomini e donne posti ora ai gradini più bassi, ora ai vertici della scala sociale, colti nelle loro miserie e grandezze, egoismi e generosità. Felici invenzioni narrative si intrecciano con una puntuale e dettagliatissima ricostruzione storico/documentaria. Bella, per esempio, la descrizione della comunità di Paterson, uno dei punti di riferimento dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti: oltre 20.000 mila persone che, oltre a conservare un tenace legame identitario con la patria d’origine, in quella d’adozione seppero praticare nel concreto i valori della solidarietà di classe e un coerente e tenace impegno nelle lotte per il lavoro e per una vita più degna di essere vissuta. Così noti personaggi storici come Giacomo Puccini, lo scrittore socialista Jack London, il giornalista John Reed, l’agitatore anarchico Carlo Tresca, il sindacalista Big Bill Haywood, il banchiere Morgan, l’intellettuale e filantropa Mabel Dodge incrociano tanti e tanti personaggi d’invenzione. Rimangono nella memoria e nel cuore oltre ai due protagonisti, Aurelio ed Erminia, Venanzio, Olga e la sua famiglia di origine piemontese, i Botto che hanno fatto della solidarietà di classe una ragione e uno stile di vita… Notevole anche la lingua scelta da Micheli: composita, un vero e proprio pentolone ribollente in cui si mescolano le lingue e i dialetti delle emigrazioni italiane ed europee a cui fanno da controcanto le riflessioni dell’Autore espresse in frasi dalla sintassi complessa, che non disdegna termini colti, letterari, filosofici. Perché, anche se se si raccontano storie di donne e uomini semplici e mossi da ragioni elementari, a esempio la lotta per la vita, l’interpretazione dei fatti presenta sempre complessità, complicatezze, umanissime sfumature.
Luciano Luciani




altri testi sul romanzo si trovano a:
Literary.it/autori
Alleo.it
Bazarweb.i-node.it


"Indie occidentali" di Giancarlo Micheli (Campanotto editore, Pasian di Prato UD, settembre 2008, ppg. 224)
http://www.ibs.it/code/9788845610042/micheli-giancarlo/indie-occidentali.html
http://www.bol.it/libri/Indie-occidentali/Giancarlo-Micheli/ea978884561004/
http://www.libreriauniversitaria.it/indie-occidentali-micheli-giancarlo-campanotto/libro/9788845610042
http://www.webster.it/libri-indie_occidentali_micheli_giancarlo_campanotto-9788845610042.htm
http://www.amazon.it/Indie-occidentali-Narrativa-Giancarlo-Micheli/dp/8845610047/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1291729036&sr=1-2

Tre romanzi e un critico

articolo pubblicato sulla rivista
l'immaginazione (n.250, Manni editore, Lecce - Novembre 2009)


Tre romanzi e un critico


Accosto qui tre romanzi (i due che si sono contesi questa estate lo Strega e un altro ai più sconosciuto ma non certo inferiore) e due lavori di un critico, Giulio Ferroni, il cui giudizio sulla narrativa italiana contemporanea può essere assunto a suggello o conclusione non casuali del mio discorso.
1. Il bambino che sognava la fine del mondo di Antonio Scurati (Bompiani). Il romanzo alterna capitoli in corsivo riferiti all'infanzia dell'io narrante a capitoli in tondo ruotanti intorno alla cronaca di un caso di pedofilia in una scuola elementare. La tecnica è quella dell'autofiction. L'io narrante ha un profilo in buona misura coincidente con quello dell'autore, docente universitario a Bergamo, dove la vicenda è in effetti ambientata. Alcuni aspetti del libro risentono della lezione di Siti, sia per il modulo dell’autofìction, sia per l'ambientazione in parte accademica, sia per il rilievo che vi ha la cronaca pubblica con i suoi personaggi (sempre chiamati col loro nome reale), sia per l'importanza che viene riconosciuta alla televisione come strumento fondamentale del nostro rapporto con la realtà, sia per il taglio saggistico (più che altro sociologico).
Il romanzo non è pienamente riuscito e risulta, nella sostanza, irrisolto. Le parti in corsivo sono le più "scritte", le più intense e originali. Qui un destino psicologico e un terrore apocalittico si fondono perfettamente. Ma nelle parti in tondo l'autore compie alcuni errori che squilibrano il romanzo. Anzitutto strafà: eccede con la cronaca nera più minuta e più nota al pubblico stivandola in pagine incolori e stilisticamente opache; in secondo luogo non riesce, proprio per questa invadenza del particolare più minuto e cronachistico, e più ovviamente realistico, a far montare il clima invece apocalittico, metafisico, astratto che vorrebbe costruirvi intorno, cosicché i due piani restano qui sostanzialmente irrelati; in terzo luogo, l'assunto saggistico e il modo di argomentarlo risultano troppo scontati: sarebbe stato necessario un tocco più leggero, una scrittura più di scorcio, più nuova e sorprendente.
In questo libro Scurati rivela a tratti alcune potenzialità di vero scrittore (più qui, certo, che nel precedente Una storia romantica). Purtroppo manca di misura narrativa (per esempio: cento pagine in meno avrebbero indubbiamente giovato al libro) e del "genio" saggistico che l'assunto avrebbe richiesto.
2. Stabat mater di Tiziano Scarpa (Einaudi). Il libro trova la sua ragione d'essere in due aspetti: uno tonale e uno storico. Il primo consiste nella coerenza con cui si persegue la monotonia di una voce femminile che si duole: quella di una ragazza di sedici anni chiusa in un orfanotrofio femminile gestito dalle suore in cui le educande sono indirizzale alla musica e al canto; il secondo, quello storico (ma "storia" qui è parola troppo grossa: si dovrebbe parlare piuttosto di "curiosità storica", dato che ogni spessore storico è volutamente assente), è introdotto dal maestro di musica, niente di meno che Antonio Vivaldi, che fa provare alle allieve, fra gli altri concerti, le Quattro stagioni. Il primo aspetto è perseguito con indubbia costanza: nel breve romanzo non succede nulla se non il passaggio da un maestro di musica a un altro (don Antonio subentra a don Giulio) e la narrazione si riduce al colloquio con la madre assente e con una immagine della morte, cioè con parti dell'io: si tratta di monologhi o soliloqui. Le uniche azioni, la ribellione e la fuga finale della ragazza travestita da uomo, non sono preparate psicologicamente e risultano narrativamente immotivate: sono un modo per porre la parola fine a una storia che è sostanzialmente intimistica (secondo un cliché, d'altronde, che deriva dall'archetipo italiano del genere: Storia di una capinera) e che non era facile concludere giacché appare legata più a un tono musicale, alla pronuncia di una voce, che alla vicenda della trama. Il secondo gira intorno a un personaggio, Vivaldi, poco definito se non per qualche tratto di ambiguità umbratile del carattere.
Insomma, un libro gracile, benché non privo dì qualche esilissima grazia. E il mondo d'oggi, anzi il mondo, vi risulta lontanissimo, anzi del tutto estraneo.
3. Indie occidentali di Giancarlo Micheli (Campanotto). Micheli è al secondo romanzo. Il primo era intitolato Elegia provinciale. Entrambi sono notevoli per le caratteristiche della scrittura, molto lavorata. La lezione di Gadda è evidente nell'ampio spettro della invenzione linguistica. Ma mentre Gadda tende al realismo, e la varietà linguistica mira a riprodurre la ricchezza dei vari linguaggi settoriali (il soldato parla il gergo militare, la puerpera quello delle donne che hanno avuto appena un figlio ecc., secondo la nota definizione dello scrittore lombardo), Micheli impiega sempre una sua propria lingua, capace di abbassarsi al dialetto e di alzarsi all'aulico iperletterario anche indipendentemente dai contesti narrativi descritti. Ricorre alle tecniche dello scrittore onnisciente e ciò gli permette di usare con disinvoltura, a volte persino eccessiva, ogni tipologia linguistica: il regista indiscusso è lui, e la fa da padrone con la trama così come nella gestione del linguaggio.
Indie occidentali è un romanzo storico ambientato agli inizi del Novecento; narra di una coppia di emigranti italiani negli Stati Uniti e delle lotte di emancipazione sindacale e politica dei lavoratori americani. Il pregio e il limite della narrazione coincidono: il pregio è quello di una scrittura finalmente elaborata e consapevole della necessità di uno spessore stilistico e dunque in contrasto con la scrittura da bar che domina nell'attuale romanzo di consumo; il limite sta nel gelido distacco storico e linguistico con cui è gestita la narrazione e da cui deriva qualcosa ai freddamente scolastico nella costruzione del plot (una sorta di ibrido fra due modelli collaudati: il romanzo storico e il romanzo di formazione sociale e politica) e nella invenzione linguistica. Nell'ultimo capitolo, per esempio, la protagonista è presentata con «occhi di driade» mentre scocca sull'amato «un sagittare di eccitati richiami». Non è una maliarda dannunziana davanti al proprio amante, ma una lavoratrice italiana in America che guarda il marito. Non è un po' troppo?
4. Ferroni pubblica contemporaneamente due libri diversi, ma con la stessa conclusione: La passion predominante. Perché la letteratura (Liguori) e Prima lezione di letteratura italiana (Laterza). Il primo è più autobiografico perché racconta anche, non senza autentica vena narrativa, la nascita della vocazione letteraria dell'autore; il secondo, che rientra in una serie voluta dall'editore per varie discipline, ha un taglio più saggistico e accademico. In entrambi la parte conclusiva assume come etichetta il titolo di un libro recente di Todorov, La letteratura in pericolo. Vi si dichiara che «l'insieme della attuale produzione letteraria italiana non sembra volersi far carico della radicalità» della situazione dei nostri tempi: dello svuotarsi dell'esperienza, del declino della ragione e dell'umanesimo, della condizione di disgregazione della civiltà, della implosione della letteratura per eccesso indiscriminato della produzione, della inconsistenza della critica, della fine dello stile, del trionfo della letteratura di genere (noire, romanzo storico, soprattutto). Occorrono, dice Ferroni, una ecologia della mente e una ecologia della letteratura; e occorre una scrittura «capace di prendere di petto il mondo» e di «svolgere una crìtica della parola e della realtà, commisurando entrambe ad una responsabilità e ad un destino". Concordo.
Alcuni aspetti del discorso di Ferroni potrebbero essere corretti o ampliati (manca, per esempio, una dimensione sociale, economica e politica dell'analisi; e prevale una sorta di visione apocalittica di tipo umanistico-centrico); ma nella sostanza la sua proposta, espressa con meritoria nettezza, va raccolta. In Italia (ma non, per esempio, negli Stati Uniti) manca da troppo tempo una letteratura capace di prender di petto il mondo: per esempio, nella narrativa prevalgono l'indifferenza per lo stile, l'evasione del noire, del romanzo storico, la contemplazione del proprio ombelico e il trionfo del privato.
Imperversano i ripiegamenti intimistici ed evasivi. Di fronte a questo andazzo non si può non ricordare che anche Francesco De Sanctis, dinanzi alle mode del romanticismo languido imperanti alla sua epoca, indicò l'antidoto di Zola e la via del realismo.
Romano Luperini



Indie occidentali di Giancarlo Micheli (Campanotto editore, Pasian di Prato UD, settembre 2008, ppg. 224)
http://www.ibs.it/code/9788845610042/micheli-giancarlo/indie-occidentali.html
http://www.bol.it/libri/Indie-occidentali/Giancarlo-Micheli/ea978884561004/
http://www.libreriauniversitaria.it/indie-occidentali-micheli-giancarlo-campanotto/libro/9788845610042
http://www.webster.it/libri-indie_occidentali_micheli_giancarlo_campanotto-9788845610042.htm
http://www.amazon.it/Indie-occidentali-Narrativa-Giancarlo-Micheli/dp/8845610047/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1291729036&sr=1-2

prefazione al romanzo Indie occidentali

prefazione al romanzo Indie occidentali (Campanotto, 2008) di Giancarlo Micheli
pubblicata come recensione sulla rivista
La Mosca di Milano (n.21, Edizioni La Vita Felice, Milano 2009)


Indie occidentali di Giancarlo Micheli
(Campanotto editore, Pasian di Prato UD, settembre 2008, ppg. 224)
prefazione di Manlio Cancogni


Oggi il Lower East Side è un quartiere di artisti, gallerie d’arte e ricostruzioni edilizie. Quando abitavo a New York, durante gli anni settanta del secolo scorso, era invece un quartiere a rischio. Mia figlia mi raccomandava di evitarlo nelle quotidiane passeggiate che facevo assieme a mia moglie. Dalla Third Avenue, dove avevamo casa, eravamo soliti discendere per la Bowery, per poi prendere per Canal Street e deviare per Mott o Mulberry Street, fino nel cuore di Little Italy che, proprio allora, cominciava ad essere erosa dall’avanzata irresistibile dei cinesi di Chinatown. Oggi il territorio è quasi interamente conquistato. Credo rimanga ancora qualche trattoria in cui gli italiani figurano come prestanome di proprietari di Shanghai o di Canton.
Proprio in Mulberry Street sta il bar dei protagonisti del romanzo Indie occidentali: Aurelio ed Erminia, una coppia di giovani sposi che dalla Valle del Serchio si aggiungono, nei primi anni del novecento, alle moltitudini di immigrati che arrivavano ad Ellis Island dall’Italia o dalla Germania, dall’Europa dell’est o dalla Scandinavia. I personaggi della storia di Micheli non appartengono alla massa dei diseredati che in quegli anni di forsennato sviluppo industriale attraversavano l’Atlantico per ritrovarsi in una modernista babele, affollata fino all’inverosimile, ricca soprattutto di afflizioni e motivi di inedite sofferenze. Aurelio ed Erminia hanno risorse sufficienti per intraprendere un’attività indipendente una volta giunti nel nuovo mondo. Partono guidati dal desiderio di progredire umanamente e donare alla propria figlia appena nata un avvenire più confortevole e degno. Entrano, dapprima, nell’ombra protettiva di una sorta di ambiguo capo clan, un intermediario tra la forza lavoro, provata dagli stenti e sovente dalla fame, e imprenditori senza scrupoli, facilmente inclini a compromessi con il crimine.
Faranno, quindi, presto le spese della loro ingenuità, della loro ignoranza delle dinamiche violente e spietate che informano i rapporti nella comunità che li accoglie. Soltanto al vaglio di un viaggio infernale, che li condurrà nei tormenti degli stockyards di Chicago e nei malsani opifici dell’industria tessile del New Jersey, essi coronano il loro percorso iniziatico, acquistano consapevolezza di sé e
la capacità di agire assieme agli altri per affermare valori condivisi e di progresso umano. Questa è la chiave utopica del racconto che Micheli sviluppa con meticolosa cura artigianale, da scrittore per vocazione; consiglio, dunque, una lettura riflessiva di questo romanzo, proporzionata alla cura che è stata impiegata nello scriverlo.
Il romanzo ha un taglio decisamente realista, talvolta surrealista nell’ordire la trama di casi ineffabili alle emozioni e ai gesti dei personaggi. Micheli vi ricompone una geografia umana di passioni vigorose e sentimenti nobili, cosicché ci lascia, forte, il sapore di una storia d’altri tempi. L’autore agisce secondo strategie sottili, perfino misteriose, che illuminano i fatti della narrazione con i riflessi di una necessità perturbante, spesso assurda; è la luce di un’alba, tuttavia, dalla quale si possono cogliere segni importanti anche per capire meglio il nostro presente, assai torbido e notturno.
È incredibile come gli Stati Uniti, invasi sul finire del XIX secolo da una turba di sommersi e senza speranza, appartenenti ad una miriade di inconciliabili differenze di culture e lingue, costretti ad una impietosa struggle for life, è incredibile come questo paese sia sopravvissuto. Una domanda è d’obbligo: oggi la situazione degli Stati Uniti e del mondo è cambiata rispetto al quadro drammatico e spietato che il romanzo descrive? Certamente la società contemporanea è passata ad una sua fase “civile”, di regole accettate e condivise, ma il mondo democratico è dominato non più dalla produzione industriale, bensì dalla produzione del denaro fine a se stessa, e dunque insensata, perversa e diabolica. Ci conforta pensare che anche questo momento della storia verrà superato e ci auguriamo che ciò possa accadere senza una catastrofe.
Manlio Cancogni 



"Indie occidentali" di Giancarlo Micheli (Campanotto editore, Pasian di Prato UD, settembre 2008, ppg. 224)

http://www.ibs.it/code/9788845610042/micheli-giancarlo/indie-occidentali.html
http://www.bol.it/libri/Indie-occidentali/Giancarlo-Micheli/ea978884561004/
http://www.libreriauniversitaria.it/indie-occidentali-micheli-giancarlo-campanotto/libro/9788845610042
http://www.webster.it/libri-indie_occidentali_micheli_giancarlo_campanotto-9788845610042.htm
http://www.amazon.it/Indie-occidentali-Narrativa-Giancarlo-Micheli/dp/8845610047/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1291729036&sr=1-2