recensione di Luciano Luciani
a Romanzo per la mano sinistra (Manni, Lecce, 2017) di
Giancarlo Micheli
pubblicata in “Camicia rossa” (n.1, 2017)
Romanzo per la mano sinistra di Giancarlo Micheli è un
libro importante e impegnativo e non solo per la sua mole di oltre seicento
pagine. Piuttosto perché è un’opera che presenta al suo interno l'assunto
ambizioso di raccontare il "secolo breve" europeo attraverso le
vicissitudini di una coppia di ebrei: lo psichiatra mitteleuropeo Stefan Bauer
e la storica dell’arte napoletana Adele Ascarelli. Un terzo
protagonista, che fa dapprima timidamente capolino tra le pagine, per poi
acquistare via via un ruolo centrale nel romanzo è il loro figlioletto Bruno,
che, attraverso mille avventure, si salverà dalla guerra e dalla
‘soluzione finale’ che investe come un cataclisma milioni di suoi
correligionari. Tramite una coinvolgente sequela di fughe e sconvolgimenti, ma
anche di sotterfugi e strategie della sopravvivenza, dissimulazioni oneste e
meno oneste, i due giovani riescono per lungo tempo a sottrarre se stessi e
soprattutto il figlio alle persecuzioni. Attraverso i loro occhi viene
raccontato un secolo intero, dal momento che, in qualità di aiutanti o
oppositori dei nostri tre eroi, compaiono un’infinità di personaggi
rappresentanti la ‘nomenclatura’ del Novecento, esponenti dell’alta cultura
italiana e tedesca, ma non solo.
Tanto per chiarire meglio l’impegno e la qualità del lavoro
di Micheli, egli ridà voce e vissuto ai vertici del fascismo e del nazismo, ai
membri illustri della scuola psicoanalitica di Sigmund Freud, al gruppo dei
dirigenti del Partito comunista italiano, con i quali Stefan entra prima in
contatto e quindi in attrito (ci sono Mario Alicata, Luchino Visconti e la
storia della sceneggiatura del film Ossessione). E non è finita qua,
perché il lettore attento troverà altre figure di intellettuali italiani,
ognuno con un suo ruolo, positivo e negativo: Giorgio De Chirico, Giovanni
Papini, l’antisemita Giovanni Preziosi e altri ancora che favoriscono o
confondono i percorsi degli eroi.
Micheli miscela tutti questi caratteri e le relative vicende
in maniera originale, tra documento e invenzione narrativa, nell’intento,
largamente riuscito, di fornire ai lettori la consapevolezza delle proprie
origini storiche senza le quali è impossibile avviare un qualsivoglia progetto
di liberazione non effimero e condiviso.
La salvezza della coppia dei protagonisti, dopo la
promulgazione delle leggi razziali, è affidata ora alla buona sorte, ora alla
protezione dei potenti, oltre che alla loro stessa intraprendenza e alle loro
capacità mimetiche. Fino a quando essi si perderanno, per ritrovarsi e, infine,
venir separati per sempre lungo le ferrovie, le stazioni, le città e le piazze
d’Italia e d’Europa... Se Adele subirà la sorte comune ai tanti che entreranno
per non più tornare nei campi di sterminio, su Stefan incomberà, invece, un
destino beffardo: in rotta con un Partito comunista intriso di
stalinismo, rigido e accentratore, lui, che è soprattutto un libertario, dopo
una partecipazione attiva alla Resistenza (e anche nella produzione del film di
Visconti) finirà in un campo di detenzione, alle porte di Roma, a Cinecittà.
Qui una sorta di derisorio contrappasso lo costringerà a redigere, sotto
dettatura, le memorie del ‘principe nero’, Junio Valerio Borghese, il capo
della X Mas. Toccherà a Bruno, il figlio, negli anni settanta del secolo
scorso, attraversare e partecipare all'ultimo fuoco rivoluzionario del
Novecento.
Un destino di rovina, un senso di irrimediabile calamità
storica, permea il romanzo di Micheli attestata dalla parabola esistenziale di
molti intellettuali ebrei durante la Shoah: pensiamo a Walter Benjamin, suicida
a Port Bou nel ’39, appena prima dello scatenarsi della furia bellica nazista,
o a Stefan Zweig, che si toglie la vita a causa dell’impossibilità morale di
tollerare il privilegio della sopravvivenza dal momento in cui si è consapevoli
dell’ecatombe dei propri fratelli e non si può in alcun modo recar loro
soccorso.
Per lo scrittore toscano, la tragedia della guerra
rappresenta il capitolo più tragico di una di più generale "distruzione
della ragione" di cui profittano ancora, aggiornate secondo le modalità
del progresso tecnico, le forze del dominio e dell’oppressione. Contro di esse
Micheli ha voluto offrirci uno strumento di lotta nella forma di un nuovo,
ampio, racconto storico dalla prosa densa, intensa, drammatica sempre
all'altezza della complessità dolorosa degli eventi narrati. Un
romanzo che - come ha ben scritto lo storico della letteratura Giulio Ferroni -
"attraversa una fase centrale della storia del Novecento, dalla seconda
guerra mondiale alle lotte degli anni Sessanta e Settanta, con un ritmo epico,
che sovrappone fiction e vicende reali, invenzione e documentazione storica,
con una trama in cui la narrazione in terza persona si intreccia con quella epistolare".Un dono insperato, oggi, questo libro. Servirsene in modi
utili non solo a noi, che abitiamo il presente, ma anche alle generazioni
future è la sfida, insieme alta e abrasiva ma da raccogliere senz'altro, che
l'Autore lancia ai Lettori.
Luciano Luciani
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