domenica 7 aprile 2024

I conti con la tradizione letteraria

una recensione di Francesco Macciò

al romanzo Pâris Prassède (Monna Lisa edizioni, 2023) di Giancarlo Micheli

pubblicata in Fissando in volto il gelo (marzo 2024)

 

Pâris Prassède (Monna Lisa edizioni, 2023) è un’opera ponderosa, un romanzo di oltre seicento pagine suddivise in 54 capitoli. La prosa ricorda quella manzoniana, così calibrata e ricca di dettagli, ma certi passaggi, che talora si addensano rallentando lo scorrimento narrativo, acquistano al cospetto di tanti sciatti prodotti odierni una valenza sperimentale, che potrebbe suggerire riferimenti a Gadda o allo stile “anticheggiante” di Gesualdo Bufalino. Questa modalità di scrittura costituisce il grande pregio di Giancarlo Micheli e, allo stesso tempo, anche il suo limite, nei confronti di un pubblico di lettori che l’industria editoriale ha ormai addestrato a ricercare sempre e soltanto i prodotti più semplici, ridotti alla misura di sceneggiature, che in non pochi casi lasciano la sola soddisfazione di poterli abbandonare su un cassonetto dei rifiuti, perché qualcuno possa servirsene. Se oggi viviamo dunque un tempo di totale distrazione, di cui siamo un po’ tutti i testimoni, indotti dalle pratiche della comunicazione di massa ad essere utenti di un linguaggio deprivato di ogni complessità, il linguaggio di Micheli fa i conti con la nostra grande tradizione letteraria, costruendosi in grappoli di strutture ipotattiche, col frequente ricorso anche alla tecnica di ripresa che, dopo una lunga serie di subordinate, ritorna alla frase principale per aiutare il lettore alla comprensione.

Il romanzo offre poi un’estensione lessicale importante e veramente ammirevole, ma ci costringe anche a tenere un vocabolario a portata di mano; e questo è un bene, perché invita a scoprire o a riscoprire parole magari cadute in disuso, dotate però di una loro forza semantica, nonché sonora, dove si coniuga il significante al significato, nell’intreccio dei ritmi sui suoni e sul senso delle parole.

L’altro aspetto che emerge, quasi ad apertura di pagina, è la rigorosa precisione storica, dovuta a un pregevole lavoro di ricognizione, che affonda un po’ in tutte le tematiche dell’Ottocento, soprattutto quelle sociali, dalla Comune a Marx e oltre, tutte analizzate sotto molteplici aspetti e con rigorosa precisione.

Lo stile, in grado di intrecciare la fiction con il continuo gioco con la storia, è connotato da una peculiare ironia, tale che spesso, nella descrizione di un evento o di una situazione, tralascia la via più semplice per eleggerne una più complessa e quasi provocatoria, come, ad esempio, si può rilevare in questo passo tratto dal capitolo V, Un incontro fortunato: «I moti popolari […] non produssero esiti efficaci, eccetto l’avvicendamento a Charles X di Louis Philippe d’Orléans, il re borghese che, alla sacertà del primo emionomastico, aveva copulato il beffardo sarcasmo dell’appellativo connotante il secondo, sulle labbra della patria intera, Égalité».

Uno stile, quello di Micheli, degno di essere riconosciuto e valorizzato, in particolare per le venature ironiche tese a uno straniamento che consenta al lettore di revocare in dubbio le versioni ufficiali della Storia, soprattutto quelle di cui si è meno disposti a riconoscerne i tratti ingannevoli o consolatori.

Francesco Macciò


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