recensione
di Tomaso Kemeny
a Romanzo per la mano sinistra (Manni, 2017) di Giancarlo Micheli
pubblicata
in “Odissea”, maggio 2019
La sinistra cui il titolo
fa riferimento è quella della rivolta permanente, non ideologica ma, proprio in
virtù di ciò, in grado di tracciare un romanzo epico-epistolare, storico-politico,
dalla propaganda di stato della dittatura fascista alla dittatura del regno
mediatico globale. È una scrittura che ritengo insurrezionale proprio in quanto
rifugge dall’ideologia, per richiamare esistenzialmente in vita gli eventi
senza imbrattarli con pregiudizi tendenziosi, così da lasciar intendere, entro
i vari contesti, le reali situazioni. Merita qualche considerazione l’impresa
di questo figlio di Viareggio, là dove Shelley fu gettato dalle acque perché vi
fosse arso sul rogo, ma il suo cuore non poté esser distrutto, come in genere
il cuore dei poeti sfida le fiamme; per cui non è un mero caso se al genio di
Field Place, una decina d’anni prima di questo romanzo, Micheli dedicasse un’opera
di poetica dal titolo Il cuore e l’ombra
viva. Il romanzo unisce il senso della storia con gli accenti contemporanei
d’un Foscolo, autore delle Ultime lettere
di Jacopo Ortis. Qui compaiono invece le lettere che Stefan Bauer, un ebreo
moravo, manda al figlio, Bruno; ne risulta un testo che tocca l’oggettività
storica e mostra la tragedia di un popolo che ha avuto l’ultimo sprazzo di
rinascita, secondo l’autore, coi movimenti studenteschi degli anni Sessanta e
Settanta. Penso che questo libro sarebbe piaciuto a Leon Trockij, perché è un
libro della rivoluzione permanente, uno sguardo non corrotto dalla burocrazia e
neppure venduto all’interesse del denaro, uno sguardo d’una innocenza
inquietante, che ci consegna un’opera la quale, a mio avviso, è un evento.
Quand’anche non si condivida il punto di vista dell’autore – sia il narratore
epistolare, sia il narratore in terza persona sono permeati dalla visione
rivoluzionaria –, anche chi non avesse la medesima visione può sentire la vita di
questa bellissima penisola, una vita che non è comica come nelle immortali
opere di Rossini, bensì tragica, a molti livelli. Questo romanzo, insegnando la
tragedia, è un romanzo catartico. Dunque, onore ad Aristotele, il quale pensava
che la scrittura potesse purificare sia i colpevoli che gli innocenti, anche
perché tra gli esseri umani di innocenti – e non è mai ogni volta soltanto una
notizia d’attualità – non ce ne sono, tantomeno colui che scrive. Infatti, non
è certo per acuire la tragedia se, a conclusione di questa breve nota, mi viene
di aggiungere una memoria. Durante gli anni Sessanta il poeta Louis Aragon, cui
chiedevo quale fosse la tragedia dell’uomo, mi rispose, da buon surrealista
basandosi sul soggetto e non sul sociale, consistesse nell’indifferenza.
Tomaso
Kemeny
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