domenica 27 dicembre 2020

Rinominare il mondo

Una recensione di Pasquale Vitagliano a

Verses versus capital (Effigie, Pavia, 2020, pp.104) 

di Giancarlo Micheli

pubblicata su Literary.it (n.12, 2020)

 

“I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo.” Chi non conosce questa celeberrima affermazione di Karl Marx nella 11^ tesi su Feuerbach? E ai poeti, sempre più numerosi, cosa spetta? “Sparare al chiaro di luna”, come gridava Marinetti? Narrare il loro mondo interiore come gli ermetici o mettere in versi la realtà come se fosse un bugiardino, un foglietto per le istruzioni, come hanno fatto le neo-avanguardie? Intanto, ci siamo messi alle spalle il Novecento, e la storia è tutt’altro che terminata, malgrado la sicumera di Fukuyama nell’annunciarne la fine all’indomani della fine dell’Unione Sovietica (non del comunismo, che ancora perdura, senza più dare scandalo, in Cina, Vietnam e a Cuba).

"Che scienza e giurisprudenza si diano pensiero/ Di resuscitare i morti/ Intanto il poeta viva un sogno più grande/ Della realtà che non può fare a meno di comprendere/ Il sogno ha generato in me la realtà/ Che può farmi l’apocalisse?" Giancarlo Micheli, con coerenza militante, da anni ha messo il suo lavoro e la propria opera letteraria, (ricordo, in particolare, il suo Romanzo per la mano sinistra), a servizio della Causa: la trasformazione della realtà, la più grande e irrisolta sfida intellettuale e politica della civiltà occidentale. Questa volta la sua linea di azione ha scelto il fronte poetico. Abbiamo in mano una vera e propria controffensiva poetica, Verses versus capital (Effigie, 2020). In prima battuta, l’opera di Micheli può sembrare retrò o nostalgica. Ed, invece, a leggerla, meglio se in modo integrato con altri suoi scritti, essa risulta inedita, anzi inaudita e com-movente. Si pone rispetto alla storia come i poeti russi rispetto alla Rivoluzione. Solo che questa volta la poesia viene prima, non segue la Rivoluzione. Si deve (ri)nominare il mondo, prima di poterlo cambiare. Quale Rivoluzione? Prima della Parola, appunto. Senza un lessico nuovo, qualsiasi cambiamento storico si rivelerebbe effimero, deludente, se non tragico. "La poesia è fissare una rosa/ Finché gli occhi non ti fioriscono/ Ma cos’è la poesia senza la rosa?/ E la rosa senza occhi?"

I poeti del nuovo millennio dovrebbero riscoprirsi filosofi, ma in senso marxiano, appunto. Finora hanno solo scritto parole; ora si tratta di cambiarle. Soltanto quando scriveranno parole nuove, saranno riusciti, loro sì, a cambiare la realtà. Le parole, infatti, sono diventate più importanti delle idee, quelle che abbiamo, che non sono molto diverse da quelle dei tempi di Marx e Marinetti. Se cambieranno le parole, cambieranno anche le idee. E così anche il mondo potrà essere mutato. Se le rivoluzioni del ‘900 sono state recintate dentro il destino circolare della Fattoria degli animali, la Rivoluzione che è toccata a noi dovrà essere formattata dentro un lessico mai ascoltato prima, quello dei poeti, in una realtà già per suo conto manipolata dalla rete e dalle reti dove ogni navigante è poeta, ma qualcuno è più poeta degli altri. "Prendete nelle vostre mani/ Il vostro destino/ Svuotate di merci i magazzini/ Riempite le fabbriche di gioia/ E le scuole di sapienza/ Al pari d’un frutto maturo/ Apritevi all’universo".

Come l’autore stesso dichiara nella “notizia” in apertura, “Questo libro nasce da un avvilente sentimento di impotenza”, politico, sotto la denominazione ideologica di merci e feticci, e letteraria, nel convincimento che la poesia sia minacciata di estinzione. In concreto, tuttavia, l’opera contraddice questo assunto di partenza. Così in un movimento dialettico senza sintesi, la poesia di Micheli è, al contrario, una rinnovata scommessa sulla vita e sulla storia, a cui la poesia, come sempre accade quando è vera poesia, dà forza di profezia. "Resto qua pertanto e mi conforto/ Di non esser morto finché viva/ sia attraverso me la mia compagna/ Benché entrambi non abbiamo patria/ In questo mondo/ Verrà un giorno felice/ Perché l’uno nell’altra/ L’abbiamo presentito".

Pasquale Vitagliano


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