venerdì 13 dicembre 2013

Giancarlo Micheli, La quarta glaciazione, Campanotto 2012

recensione di Giuseppe Panella
a La quarta glaciazione (Campanotto, Udine 2012) di Giancarlo Micheli
pubblicata in l’immaginazione (n.277, settembre-ottobre 2013)

All'interno della società attuale, il suo svi­luppo apparentemente invincibile e la sua pervasività sono quelli di sempre. Ovunque, in es­sa, infatti, domina un inverno pesante e ottuso, fatto di corruzione e di miseria, di dolore e di morte, un panorama che non sembrerebbe la­sciare spazio al futuro. L'orizzonte della poesia di Micheli è un presente dilatato all'indietro fino ad inglobare il passato tutto dell'umanità. Si tratta di un panorama freddo, sconvolto, deso­lato quello che lo contraddistingue e dove domina la logica del profitto e dell'alienazione umana e da cui ci si può salvare soltanto attra­verso la lotta, lo scontro frontale con esso, la volontà di non cedere e non assuefarsi ad es­so. La forza che lo rende apparentemente in­vincibile è la morte di ogni speranza nella pos­sibilità di rovesciarlo e cambiarne drasticamen­te le coordinate strutturali. L'arma migliore per contrapporsi all'"inverno dello scontento" che incombe e rende impraticabile l'orizzonte futu­ro dell'esistenza degli uomini, è, allora, il senti­mento d'amore - l'unico sicuramente e global­mente in grado di "cambiare la vita".
 
Come per i Surrealisti che restano pur sem­pre la bussola cui Micheli ama orientare il timo­ne della propria poesia (e gli esergo che apro­no le diverse sezioni che compongono il libro stanno lì a dimostrarlo), "trasformare il mondo" (marxianamente) non avrebbe senso se non fosse la stessa idea di esistenza umana a mu­tare radicalmente e profondamente (come è noto, è proprio questo lo scacco maggiore del­le grandi procedure rivoluzionarie del Nove­cento ormai trascorso). La poesia militante che attraversa con toni tra l'accorato e il sarcastico il libro si coniuga, quasi sempre, con l'evoca­zione della passione d'amore. Il sentimento della rabbia e dell'indignazione per il "dolore del mondo" si trova pur sempre collegato all'evocazione delle persone amate come paren­tesi di felicità e di piacere nell'ambito di un'esi­stenza che sembra, ogni volta, scattare come una trappola per impedire il dispiegarsi della passione e del sogno.
 
I due poli della produzione in versi di Miche­li, dunque, la critica della società del presente e la violenza che esercita sui soggetti che la costituiscono e la via d'uscita da essa rappre­sentata dalla "rivoluzione a due" che avviene nel momento dell'innamoramento e poi della passione amorosa si congiungono sovente nel corso di lunghe esternazioni di tipo paratattico che sembrano scardinare il ritmo consueto del­la scrittura nella tradizione della poesia italiana.
 
L'inanellarsi fitto e deciso delle situazioni descritte e delle passioni provate ha la (proba­bile) funzione di accentuare in senso dimostra­tivo e sovente narrativo quello che potrebbe sembrare il puro e semplice congiungersi delle parole nei momenti più a lungo usati (e spesso inutilmente abusati) della poesia lirica immessi nel loro significato come tradizionalmente vie­ne indicato ed espresso. Per Micheli, allora, più che costruire una nuova "tradizione" della poe­sia a venire si tratta di verificare le basi e di ricostruire dalle fondamenta quella che c'è già. In effetti, nel suo stile di scrittura, non c'è spe­rimentalismo o plurilinguismo ostentati come armi distruttive del retaggio del passato quanto il rifugio in una lingua spesso ripulita da facili neologismi o mimetismi ostentati in senso cor­rivo e, quindi, facilmente consumati. In senso opposto rispetto alla riconduzione del linguag­gio lirico all'andamento prosastico che sembra contraddistinguere molte esperienze della con­temporaneità poetica, Micheli punta alla ricerca di un linguaggio non certo ermetico né "puro" (alla Mallarmé) ma sicuramente terso e libera­to dalle incrostazioni più esacerbate, incitate e infette del consumo linguistico corrente. La sua lingua della poesia è quella di chi vorrebbe ri­mandarla ed esporla come un'etica della vita e ricongiungere, in un solo circolo esistenziale, critica dell'esistente infausto e retrivo e apertu­ra verso l'utopia della libertà amorosa.
 
Nelle cinque sezioni che costituiscono il tes­suto lirico-descrittivo della poesia di Micheli, i diversi momenti che costituiscono il suo pro­getto di lettura del mondo che lo circonda si in­trecciano e si articolano tessendo una tela di ri­mandi morali e di accensioni intime fino a ren­dere il loro ritmo incalzante e continuo come le onde del mare, tante volte evocate nei suoi componimenti, che si infrangono infaticabili su­gli scogli che circondano i porti o la battigia in cui va a morire la spiaggia dalla sabbia innu­merevole sempre rinnovata dal Tempo e sem­pre apparentemente uguale di fronte alle sue sollecitazioni pulsanti.
 
Continue e poderose come la spinta can­dente delle onde marine, le lunghe emanazioni liriche della produzione di Micheli ritrovano una loro possibile sintesi finale nell'"armonia delle labbra e del silenzio" il cui tratto evocativo chiu­de il libro. Le parole della rabbia rimandano al silenzio del sentimento amoroso e si congiun­gono in un cerchio incantato in cui domina l'utopia del mondo senza il Male.
Giuseppe Panella


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